Ritiro della patente se fai uso di cannabis terapeutica: ecco come lo Stato penalizza i malati cronici

Ritiro della patente se fai uso di cannabis terapeutica: ecco come lo Stato penalizza i malati cronici

Le modifiche al Codice della Strada italiano introducono regole più rigide per chi utilizza cannabis terapeutica, complicando la vita dei pazienti. Ora, un test salivare positivo è sufficiente per considerare una persona sotto effetto di sostanze stupefacenti, senza valutare l’effettiva alterazione psicofisica. Questo approccio influisce negativamente su migliaia di persone che assumono cannabis per gestire patologie croniche, limitandone la mobilità e la possibilità di lavorare.


Implicazioni legali e sociali

Questa normativa, pur motivata dalla sicurezza stradale, ignora le esigenze mediche e personali dei pazienti. La cannabis terapeutica, prescritta per condizioni come dolore cronico e sclerosi multipla, contiene principi attivi rilevabili nei test per giorni, nonostante non compromettano necessariamente le capacità alla guida. Ciò porta a un conflitto tra diritto alla cura e diritto alla mobilità, con il rischio di sanzioni e ritiro della patente per chi non è in stato di alterazione.

Prospettive e critiche

Molti esperti, associazioni e pazienti denunciano questa misura come discriminatoria. Chiedono l’adozione di metodologie più precise per distinguere tra uso terapeutico e abuso, come il test del sangue, che rileva concentrazioni di THC attive al momento. Alcuni avanzano dubbi sulla costituzionalità della norma, che potrebbe violare il diritto alla salute e all’autonomia personale.

Soluzioni possibili

Una revisione della legge dovrebbe integrare approcci scientifici avanzati e considerare l’uso legittimo di cannabis terapeutica, bilanciando sicurezza stradale e diritti dei pazienti. Le istituzioni sono chiamate a promuovere informazione, dialogo e un’applicazione della norma più equa e rispettosa delle diverse esigenze.

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